Legambiente, 40 anni di battaglie per l’ambiente. Ciafani: «Stop ai sussidi alle fonti fossili. Servono coraggio e coerenza»

Legambiente, 40 anni di battaglie per l’ambiente
Pubblicazione: 24 agosto 2020
Dalla battaglia antinucleare sfociata nel 1987 con la vittoria al referendum che ha portato alla chiusura delle centrali atomiche alle campagne contro la plastica usa e getta, che anno portato negli anni Duemila alle leggi che hanno bandito l’uso della plastica nella produzione delle buste per la spesa, dei cotton fioc e delle microplastiche nei cosmetici. Da 40 anni Legambiente lotta per fermare la crisi climatica e le ecomafie, liberare il mare dai rifiuti e diffondere stili di vita sostenibili, proteggendo il territorio e chi lo vive. Era il 20 maggio del 1980 quando un gruppo di ecologisti e scienziati si riunirono nella Lega per l’ambiente dell’Arci, dando nuova linfa alla battaglia per la difesa del Pianeta, sotto l’insegna del Cigno verde. «Tante sono state le conquiste di questi anni, ma se ne devo ricordare una delle più importanti penso all’approvazione della legge sugli ecoreati nel 2015. Dopo 21 anni di lavoro siamo riusciti a far inserire nel Codice penale, tra gli altri, i delitti di inquinamento e disastro ambientale che stanno dando alla magistratura e alle forze di polizia gli strumenti giusti per la repressione dei “ladri di futuro”, dalle ecomafie alla criminalità ambientale, passando per gli inquinatori seriali. Grazie a questa legge da cinque anni in Italia chi inquina paga per davvero», spiega al Corriere della Sera Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente.
Un compleanno importante «festeggiato» in un momento storico, quello della pandemia da coronavirus, che ricorda come sono ancora numerose le sfide ambientali, sociali ed economiche che ci aspettano e che la battaglia per la cura del Pianeta non è più rimandabile. Una situazione straordinaria che ha imposto e impone risposte e soluzioni eccezionali per far ripartire le città, come sottolineato dall’associazione della lettera inviata a metà aprile ai sindaci delle città italiane e al presidente dell’Anci Antonio Decaro, indicando ai primi cittadini un pacchetto di 5 misure sostenibili e concrete per ripensare la mobilità in città post Covid-19: «Vogliamo archiviare la lunga stagione dello smog che iniziammo a monitorare nel 1988, prima delle istituzioni, con il laboratorio mobile del Treno Verde. E che ancora oggi ci costa 80mila morti premature all’anno e un pesante conflitto con l’Europa con il rischio di multe che, com’è noto, non saranno mai condonate», aggiunge Ciafani, sottolineando come per la ripartenza siano necessarie soluzioni green innovative e coraggiose per la mobilità. «Le città di domani saranno quelle che permetteranno di muoversi su mezzi pubblici puntuali e sempre più elettrici; città che saranno caratterizzate da corsie ciclabili in tutte le principali strade e da centri storici liberi dalle automobili dove la faranno da padrone i mezzi a due ruote, dalle bici ai monopattini. Un modello che nel nord Europa è già realtà, a partire da Parigi». Solo così non ci vedremo restituire le stesse vecchie città.

Combattere il monouso
E c’è un’altra sfida importante, legata al Covid-19: combattere l’abbandono di guanti e mascherine e gestire l’aumento vertiginoso di rifiuti sanitari. «In valore assoluto — chiarisce il presidente — si rischia di arrivare a un miliardo di mascherine al mese, ma il loro peso specifico è quasi irrilevante e quindi si tratterà di quantitativi totali (fino a 300mila tonnellate annue) che potremo gestire negli impianti esistenti. Il problema reale è un altro: con i nostri volontari stiamo facendo i monitoraggi scientifici sullo smaltimento scorretto dei dispositivi di protezione individuale e sta emergendo una realtà inquietante. Le polizie municipali devono multare i cittadini maleducati e poi va promosso l’uso di mascherine riutilizzabili che riducono l’usa e getta e il rischio del loro smaltimento scorretto. Abbiamo iniziato questo lavoro con importanti aziende nazionali per combattere il monouso. Bisogna continuare su questa strada».

I circoli sul territorio e il ruolo dei giovani
D’altronde, da sempre «pensare globalmente e agire localmente» è lo slogan che guida le attività dell’associazione e il lavoro delle migliaia di circoli territoriali esistenti. Un modello quanto mai attuale. «Tutte le sfide ambientali si concretizzano sul territorio: dalla realizzazione degli impianti di riciclo ai parchi eolici; dalla costruzione dei depuratori alle infrastrutture per far muovere merci e persone in modo sostenibile; dalla riconversione delle industrie inquinanti in impianti innovativi, come ad esempio quelli della chimica verde. Tutto questo sarà possibile grazie anche al lavoro dei circoli territoriali», ricorda Ciafani. Per il coinvolgimento dei giovani — poi — «contiamo molto sul nostro lavoro di citizen science, con monitoraggi realizzati da tante persone in luoghi diversi ma con lo stesso protocollo scientifico validato. I nostri giovani volontari coinvolgono i loro amici e colleghi di università. Non a caso abbiamo aperto nuovi circoli di studenti universitari, da Napoli a Torino, passando per Roma». Oltre all’impegno dei giovani, un’attenzione sempre maggiore è rivolta anche alle nuove fake news in tema ambientale. «Sono tante purtroppo e tutti i giorni ci impegniamo a smontarle, in modo scientifico — chiarisce —. Potrei citare ad esempio l’accusa che si fa al fotovoltaico in agricoltura perché consuma suolo, quando oggi con il moderno “agrivoltaico” si può continuare a coltivare i terreni producendo anche energia, come integrazione del reddito agricolo. C’è un importante caseificio in provincia di Oristano che produce ottimi formaggi producendo vapore attraverso un bellissimo impianto solare termodinamico a specchi. Un gioiello che dovrebbe essere replicato in tutto il centro Sud».

«Stop ai sussidi alle fonti fossili»
Lo sguardo, ora, va rivolto ai prossimi dieci anni, decisivi per le sorti dell’intero Pianeta e camminare — insieme — verso il 2030. «L’Europa sta andando nella giusta direzione. Con il Green Deal per decarbonizzare l’economia continentale ha dato un bel segnale per la leadership internazionale sulla lotta alla crisi climatica. Lo ha confermato anche recentemente, immaginando una carbon tax e una plastic tax per finanziare il Recovery Fund per il post Covid-19. L’Italia dovrebbe fare altrettanto — evidenzia —. Abbiamo invece prorogato a gennaio 2021 l’entrata in vigore della tassa sulla plastica e non abbiamo ancora messo mano al tesoro di 19 miliardi di euro annui di sussidi alle fonti fossili. Non ci siamo proprio». Perché? «Alla politica italiana manca la visione, il coraggio e la coerenza nelle scelte. A livello nazionale potrei ad esempio citare il caso del M5S: nella scorsa legislatura giustamente pungolava il Pd per fermare i cosiddetti sussidi ambientalmente dannosi. Ora è al governo da più di due anni e non ha ancora fatto nulla in questa direzione. Lo stesso vale per i dem, anche sul fronte locale, come in Emilia-Romagna. Dopo aver vinto le recenti elezioni parlando in campagna di lotta alla crisi climatica, il governatore Bonaccini e due assessori si sono dichiarati contrari alla realizzazione di un parco eolico offshore tra Rimini e Cattolica. Motivo? L’impatto sul turismo e sul paesaggio. È surreale parlarne, visto che lì già ci sono le piattaforme per estrarre gas e c’è una costa totalmente cementificata», tuona.
La tecnologia che impreziosisce il paesaggio
Quello che serve — ora più che mai — allora è rilanciare il Paese in chiave sostenibile, recuperando i ritardi sugli impegni presi sul clima e riducendo le disuguaglianze. Priorità che Legambiente ha portato sul tavolo degli Stati Generali dell’Economia conclusisi lo scorso 21 giugno a Villa Pamphilj, a Roma. «Abbiamo consegnato al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte tre rapporti in cui facciamo proposte concrete di semplificazioni normative per far ripartire l’economia in chiave green e un lungo elenco di opere - piccole, medie e grandi - da realizzare in tutta Italia, non solo nelle metropoli, per far svoltare l’Italia nella riduzione degli impatti ambientali, delle disuguaglianze territoriali e sociali e per una maggiore vivibilità del nostro territorio. Sostanzialmente abbiamo scritto il decreto semplificazioni da portare al prossimo Consiglio dei ministri e il Recovery Plan da presentare alla Commissione Ue a settembre», aggiunge Ciafani. Un aiuto per tutelare l’ambiente e salvare il Pianeta, come chiede a gran voce il movimento dei Fridays for future, potrà venire anche dalla tecnologia: «Contribuirà a cambiare in meglio le nostre vite e modificherà anche il paesaggio. Non vedremo più fumanti ciminiere alte 200 metri, come a Civitavecchia e Brindisi, ma svettanti pale eoliche che in alcuni casi impreziosiranno il paesaggio. Vedremo cupole di impianti per trasformare i reflui zootecnici in energia rinnovabile e non vedremo più i fiumi colorarsi di marrone per sversamenti maleodoranti e illegali. Vedremo realizzare impianti a fonti rinnovabili anche in luoghi preziosi come è stato per il tetto fotovoltaico integrato nella copertura della Sala Nervi in Vaticano, dove si tengono le udienze papali. Le trasformazioni saranno tante e andranno accompagnate con cura e attenzione, senza lasciarsi andare all’ideologia di cui è pieno il dibattito nazionale su questi temi».