Perché l’Italia sbaglia a credere ancora nel gas, il dossier di Legambiente

Perché l’Italia sbaglia a credere ancora nel gas, il dossier di Legambiente
Pubblicazione: 7 ottobre 2020
No alla riconversione a gas delle centrali a carbone, perché bisogna adottare soluzioni credibili e radicali per ridurre le emissioni di CO2, semplificando le procedure autorizzative e garantendo un ruolo sempre maggiore alle fonti rinnovabili e ai sistemi di accumulo.

Questo il messaggio lanciato da Legambiente al governo a pochi giorni dallo sciopero nazionale per il clima di venerdì 9 ottobre, presentando il suo nuovo dossier, “La decarbonizzazione in Italia non passa per il gas” (allegato in basso).

Nel dossier l’associazione ambientalista spiega perché l’Italia deve evitare questa inutile e insensata corsa al gas, ricordando che nella Penisola è già presente un numero sufficiente di impianti a gas, realizzati dopo il blackout del settembre 2003, grazie al decreto sblocca centrali dell’allora governo Berlusconi.

Negli ultimi due decenni, spiega una nota di Legambiente, le nuove centrali elettriche a metano hanno creato una situazione di sovrabbondanza: oggi, infatti, il parco di generazione esistente ammonta a 115.000 MW di potenza installata, quasi il doppio rispetto alla domanda massima sulla rete (58.219 MW nel luglio 2019, fonte Terna).

Più che realizzare nuovi impianti, basterebbe aumentare le ore medie annue di esercizio delle centrali a gas esistenti, passando da 3.261 a 4.000 ore medie annue. Uno scenario, però, poco auspicabile per Legambiente, perché se da una parte permetterebbe di compensare la mancata produzione di energia elettrica generata dal carbone, dall’altra richiederebbe in sé un aumento dei consumi di metano.

Al contrario, scrive Legambiente, la strada da seguire è un’altra e si traduce in: “Stop al carbone, no alla realizzazione di nuovi impianti a gas, sì alle semplificazioni per rinnovabili e sistemi di accumulo”.

Il primo passo da compiere è la chiusura entro il 2025 delle centrali a carbone per una capacità di oltre 7.900 MW senza ricorrere a nuovi impianti a gas, per arrivare entro il 2040 alla chiusura di tutte le centrali alimentate da fonti fossili, gas metano compreso.

L’Italia deve avere, inoltre, il coraggio di ridurre fino ad azzerare i consumi di gas al 2040, iniziando da subito a non distribuire più risorse economiche per nuovi impianti come previsto con il Capacity Market. Risorse che si potrebbero usare per incentivare la diffusione delle fonti rinnovabili nella Penisola.

Senza però dimenticare, prosegue la nota, la necessità di mettere in campo politiche di efficientamento del settore industriale, edilizio e nel campo della mobilità, e piani di riconversione delle aree dove sono situate le centrali a carbone, anche grazie alle risorse messe a disposizione dal Green Deal europeo.

“Il governo italiano sta sbagliando strada sulla lotta alla crisi climatica – spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – Nel settore della produzione di energia promuove la riconversione a gas delle centrali a carbone, investe su nuove infrastrutture per il trasporto del metano fossile, sostiene progetti sbagliati come quello di Eni che vuole confinare al CO2 nei fondali marini davanti alla costa ravennate”.

Invece, afferma Ciafani, per il governo “è arrivato il momento di scelte chiare e radicali: promuova le semplificazioni autorizzative per la realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili, semplifichi la riconversione degli impianti a biogas in quelli a biometano da immettere in rete, recepisca al più presto la direttiva europea sulle rinnovabili per sbloccare definitivamente le comunità energetiche e la smetta di foraggiare i petrolieri”.

“Il Piano nazionale per l’energia e il clima (PNIEC), approvato da Bruxelles – dichiara Katiuscia Eroe, responsabile nazionale energia di Legambiente – prevede la realizzazione di nuovi gasdotti e rigassificatori, senza tener conto che già oggi la capacità di importazione è largamente sovradimensionata e sprecando così risorse che potrebbero, invece, andare a finanziare l’azione climatica. È assolutamente inaccettabile che di fronte all’emergenza climatica si punti su una fonte fossile, in sostituzione di un’altra fonte fossile. Le fonti fossili, come petrolio, carbone e gas, sono la principale causa dei cambiamenti climatici”.