Non è solo uno scenario da fantascienza, ma esiste, ed è meno remoto di quanto si possa pensare, il rischio che possano risvegliarsi virus e batteri rimasti in silenzio per migliaia di anni nel terreno perennemente ghiacciato delle zone Artiche, il permafrost.
Questa sorta di viaggio nel tempo di microrganismi potenzialmente capaci di diffondere nuove malattie, con conseguenze sulla salute umana come sugli ecosistemi, è un'altra delle possibili conseguenze dei cambiamenti climatici che anche nell'Artico stanno rendendo le temperature sempre più elevate. Lo indica la ricerca pubblicata sulla rivista Plos Computational Biology e condotta da Giovanni Strona, del Joint Research Centre della Commissione Europea.
Basato su simulazioni al computer, lo studio indica che è sufficiente il risveglio di una percentuale molto piccola di microrganismi potenzialmente pericolosi per causare danni significativi. Il gruppo di Strona ha riprodotto al computer l'evoluzione di virus antichi che cominciavano a infettare comunità di batteri, confrontando gli effetti prodotti da particolari specie su altre e confrontando i risultati con quelli relativi all'evoluzione di comunità di microrganismi che convivevano pacificamente.
Fra questi ultimi, la maggior parte avrebbe comunque un impatto poco importante e solo l'1% potrebbe provocare eventi imprevedibili. Si calcola, per esempio, che potrebbero uccidere fino a un terzo dei loro organismi ospiti, mentre gli altri potrebbero aumentare la biodiversità fino al 12%, rispetto al controllo.