L’Università di Utrecht mostra il lato oscuro del commercio internazionale dei rifiuti di plastica
In Europa siamo così bravi nel riciclo della plastica? La risposta non è di quelle che ci piacerebbe sentire. Infatti, circa la metà dei rifiuti di plastica prodotti in Europa viene esportata. Tra le destinazioni principali – dopo lo stop cinese del 2018 – c’è il Vietnam.
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore dunque? Non proprio. Almeno non è questo l’approccio adottato da un gruppo di ricerca dell’Università di Utrecht, che ha collaborato con colleghi vietnamiti per indagare sul processo di riciclo della plastica europea nel Minh Khai Craft Village, il più grande centro di riciclo del Vietnam.
Le cose non vanno affatto bene, come emerge dalla loro inchiesta. I rifiuti non sono riciclati propriamente, ma stanno diventando un grave problema per le comunità locali. Qui, le persone vivono e lavorano circondate dai fumi tossici generati dalla plastica fusa.
La ricerca ha rilevato che 7 milioni di litri di acque reflue tossiche vengono scaricati ogni giorno nei corsi d’acqua del villaggio, con gravi impatti ambientali. Questo lavoro mostra il contrasto tra le politiche europee, che si concentrano sull’aumento dei tassi di riciclo, e la realtà dei centri di trattamento dei polimeri nel Sud del mondo.
I ricercatori esprimono preoccupazione per quello che si può definire un vero e proprio scaricabarile da parte delle aziende produttrici e dei commercianti di plastica sui villaggi. Le comunità locali, qui, devono portare il peso di inquinamento ambientale e conseguenze sanitarie. Le conclusioni dello studio sono inequivocabili: concentrarsi solo sull’aumento dei tassi di riciclo non è né etico, né circolare, né sostenibile.
Non significa demonizzare il Green Deal europeo, il Piano d’azione per l’economia circolare o i negoziati ONU per un Trattato globale sulla plastica. Ma non si può normare il settore senza contemporaneamente regolare il commercio dei rifiuti.