Lo studio di Fondazione CIMA, università di Trento e CNR
Inverni sempre più caldi bloccano la “fioritura” del Mare Nostrum e mettono a rischio il pilastro dell’ecosistema marino: il fitoplancton. Da cui dipende, grazie alla loro attività di fotosintesi, la produzione di ossigeno in mare. Ma anche l’intera catena alimentare sotto il pelo dell’acqua, di cui questi microrganismi sono il primo tassello. È l’impatto sempre più evidente della crisi climatica nel Mediterraneo fotografato da uno studio pubblicato su Science of the Total Environment e condotto da un gruppo di ricercatori italiani.
La “fotografia” nasce dall’incrocio dei dati sul bloom – la fioritura, appunto, del fitoplancton nel Mediterraneo, quelli meteorologici e quelli oceanografici. E indica “un aumento della frequenza di anni anomali e, soprattutto, un forte calo della sua intensità negli ultimi sette anni in tutti i siti studiati”, spiegano le ricercatrici di Fondazione CIMA, co-autrici del lavoro insieme ai colleghi dell’Università di Trento e dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR.
Cosa sta succedendo nei nostri mari? L’innesco è l’aumento delle temperature invernali durante l’ultimo decennio. Il Mediterraneo è un hotspot globale del cambiamento climatico dove il riscaldamento globale viaggia a velocità ben superiore alla media mondiale. Il trend al rialzo è correlato a una minor concentrazione di clorofilla, cioè a fioriture ridotte del fitoplancton.
“L’analisi statistica mostra che non siamo di fronte a oscillazioni e correlazioni casuali ma che soprattutto in alcune aree vi è un’associazione significativa tra temperature più alte e bloom meno intensi”, spiega Francesca Grossi, prima autrice dello studio, dottoranda dell’Università di Genova e in forze alla Fondazione CIMA. Che è arrivata a puntare lo sguardo sul fitoplancton dopo aver osservato oscillazioni notevoli nelle presenze della megafauna marina nel Mediterraneo.
“È un risultato che rende davvero urgente focalizzare l’attenzione sullo studio degli effetti della crisi climatica nell’ambiente marino e sugli effetti a cascata che possono avere: basti pensare che le stesse dinamiche alterate osservate per i cetacei, correlabili alla presenza di fitoplancton, possono essere applicate anche a specie d’interesse commerciale come il tonno. Senza contare il ruolo del fitoplancton nell’assorbimento dell’anidride carbonica”, conclude Grossi.