Siamo pieni di pezzettini di plastica

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Pubblicazione: 18 marzo 2024
Se scrivessimo che tutti noi siamo pieni di minuscoli pezzettini di plastica, sembrerebbe che stessimo facendo terrorismo mediatico. Invece, purtroppo, è la verità, confermata da moltissimi studi scientifici di tutto il mondo, anche svizzeri. Questi “pezzettini di plastica” vanno sotto il nome di PFAS (in italiano si pronuncia “pifas”), acronimo di “sostanze per- e polifluoroalchiliche” che raccoglie oltre quattromila sostanze diverse presenti in moltissimi parti della quotidianità. I PFAS, ad esempio, sono impiegati per rivestire le padelle antiaderenti e le giacche impermeabili, ma sono presenti anche nelle protesi mediche, nei cosmetici, nei fertilizzanti e persino negli imballaggi dei cibi. In modo più o meno diretto, finiscono dentro di noi e si accumulano lentamente nel nostro corpo. Per capire quanto siano diventati infestanti nella nostra realtà, si pensi che in Europa oltre un quarto della frutta coltivata a livello nazionale è contaminata da PFAS. A dirlo è un’analisi dei dati ufficiali dei programmi nazionali di sorveglianza dei Paesi membri dell’UE presentata in febbraio 2024, che ha anche rivelato un aumento del 220% della contaminazione rispetto al decennio precedente. Le percentuali di prodotti contaminati più alte si registrano per fragole, pesche e albicocche, mentre tra le verdure i più colpiti sono i cetrioli e l’indivia.

I PFAS hanno incredibili proprietà sia idrorepellenti che oleorepellenti e sono resistenti praticamente a tutto: non si decompongono biologicamente, non si legano con altri agenti chimici e non si degradano con gli agenti atmosferici. Queste caratteristiche, che su un prodotto industriale questo equivale a durabilità ed efficienza, li ha resi un boomerang. Nell’ambiente, infatti, si trasformano in un residuo impossibile da smaltire presente pressoché ovunque. Sono infatti nell’aria che respiriamo, sospesi in volo dopo essersi staccati dall’oggetto per il quale sono pensati, e anche nel suolo, trasportati dall’acqua. Sotto forma di piccolissime particelle di plastica pressoché indistruttibili, restano inerti per decenni o persino, si stima, centinaia di anni. Dal suolo e dalle falde acquifere finiscono in quasi tutti gli organismi viventi, compreso l’uomo, agevolati dalla loro caratteristica di essere inodore, incolore e insapore. In Ticino la concentrazione nei suoli si attesta sotto la soglia critica a circa 1-1.5 µg/kg, lo stesso valore medio del resto della Svizzera. Gli esperti, purtroppo, escludono che sia possibile rimuovere tutti i PFAS presenti nell’ambiente. Per ripulire i soli Stati Uniti, ad esempio, occorrerebbero oltre mille miliardi di dollari, una cifra superiore all’intero prodotto interno lordo svizzero. A livello molecolare, possiamo immaginarci queste sostanze come delle catene di ferro avvolte da in una protezione di gomma. Gli anelli di ferro sono atomi di carbonio saldamente uniti fra loro, che rendono la catena forte, mentre la copertura rappresenta atomi di fluoro, che proteggono la catena dagli agenti esterni facendoli scivolare via. Questa accoppiata conferisce ai PFAS le loro peculiari caratteristiche che li rendono così interessanti per le applicazioni nella vita di tutti i giorni e allo stesso tempo così pericolosi per l’ambiente.

Una volta ingeriti, i PFAS si introducono nel sistema circolatorio e si diffondono nel nostro corpo. L’accumulo eccessivo di questi materiali può indurre diversi problemi fisici, partendo indubbiamente dalla perturbazione del nostro sistema endocrino, ovvero la produzione e regolazione degli ormoni, e arrivando a disfunzioni al fegato, oltre che la genesi tumorale in testicoli e reni. Insomma, un rischio non indifferente. Eppure, sottolineano gli esperti, non è il caso di scattare sull’attenti e correre dal medico. Secondo uno studio pubblicato dalla Confederazione nel 2023, la maggioranza della popolazione Svizzera ha quantità di PFAS accumulati nel sangue al di sotto delle soglie critiche, superate invece dal 3.6% delle persone analizzate. Se nessuno di noi, probabilmente, può dirsi completamente libero, non c’è nemmeno bisogno, per ora, di allarmarsi. Soprattutto perché sia la Confederazione quando l’Unione Europea stanno cercando di invertire la rotta e prevenire l’accumulo di ulteriori PFAS in acque e terreni. Infatti, molte di queste sostanze sono ora proibite, nonostante la loro grande utilità pratica.  

Oggi, un mondo completamente senza PFAS pericolosi per la salute non è ancora possibile, ma grazie all’incessante lavoro dei ricercatori scientifici c’è da sperare che si possano trovare soluzioni alternative in un futuro non troppo lontano. Ad esempio, uno dei maggiori vettori di PFAS nelle nostre montagne era rappresentato dalla sciolina posta sugli sci per permettere loro di scivolare sulla neve, ma ora le cose stanno cambiando. Nelle competizioni ufficiali la Federazione Internazionale di Sci ha vietato l’uso di questi materiali, in favore di una nuova generazione di sciolina priva di inquinanti volta a tutelare la salute degli addetti alla manutenzione degli sci. La ricerca scientifica di aziende come TOKO ha risposto prontamente e ha sviluppato nuovi prodotti che raggiungono le stesse prestazioni sciistiche rispettando l’ambiente. L’Unione Europea, di pari passo, sta limitando sempre più le sostanze permesse, seppure dalle nuove norme emesse nel 2023 non siano per ora inclusi i pesticidi. Certo, la strada per ripulire il mondo dai PFAS è ancora lunga, ma la ricerca scientifica procede a piccoli passi. L’avventatezza stessa con cui legislatori, imprenditori e scienziati stessi hanno aperto le porte ai PFAS quarant’anni fa ci dice che la calma è la strategia migliore.