COP26 e il rischio di essere alla vigilia di un disastro annunciato

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Pubblicazione: 8 novembre 2021
Dal Summit di Rio del 1992 – primo incontro globale per la definizione di una politica mondiale sull’ambiente – le questioni sul tavolo dei negoziati non sono mai cambiate. Nonostante questo, a dispetto di investimenti economici colossali per la loro organizzazione, 25 Conferenze delle Parti UNFCCC, e decine di migliaia di meeting internazionali, non sono stati capaci di produrre un solo risultato in termini di riduzione di gas clima-alteranti. Lo testimoniano chiaramente la crescita senza precedenti della CO2 in atmosfera e il conseguente riscaldamento globale che hanno caratterizzato le ultime tre decadi. 

Una constatazione ad un tempo tragica ed imbarazzante perché certifica, senza diritto di replica, che chi ci governa è totalmente incapace di far fronte a questa emergenza umanitaria, e che la politica internazionale è talmente succube della tecnocrazia predatoria dominante, da non riuscire neanche a tener conto dei presupposti necessari alla sua stessa sopravvivenza. 

Chi potrà mai più fidarsi di politici che ci stanno condannando per sempre ad un pianeta infernale se non addirittura all’estinzione? 

Ad aggravare la situazione – ormai dettagliatamente descritta dai migliori scienziati UN, premi Nobel per la Pace, e resa evidente dall’oggettivo incremento di disastri umanitari ed ecologici senza  precedenti – si aggiunge oggi l’inesorabile abbreviarsi del tempo a nostra disposizione per provare almeno a limitare i danni. La temperatura media globale misura già 1,2 °C in più rispetto all’era pre-industriale, ed è quindi già acclarato che, per contenerla entro 1,5 °C non si dovrebbe più parlare di riduzioni, bensì di azzeramento delle emissioni entro il 2040 (altro che inutili dibattiti sul 2050/60/70!). Le emissioni in atmosfera, non solo non stanno diminuendo, ma continuano ad aumentare in modo esponenziale.

Lo scienziato James Hansen della NASA, ci aveva spiegato molti anni fa che non avremmo mai dovuto superare le 350 parti per milione di CO2 in atmosfera, ma oggi raggiungiamo e ci apprestiamo a superare rapidamente il picco di 419 ppm. In altre parole, è già stato ampiamente dichiarato dall’ONU che, con gli attuali trend di sviluppo, a fine secolo nella migliore delle ipotesi la temperatura sarà aumentata di 2,7 °C, e nella peggiore potrà raggiungere lo sconvolgente incremento di + 4 °C. Il significato di questa tragedia si può facilmente intuire considerando gli enormi disastri che 1,2 °C in più hanno prodotto in termini di: desertificazione, fenomeni climatici estremi, incendi,  acidificazione dei mari, scomparsa di interi territori per l’innalzamento delle acque, perdita di biodiversità dieci volte superiore al ciclo naturale delle specie, migrazioni climatiche, centinaia di guerre per risorse naturali … e si potrebbe continuare a lungo. 
Quindi ricapitoliamo: in trent’anni i governi non hanno risolto nulla: la situazione è già degenerata in modo molto grave; gli attuali trend disegnano scenari apocalittici. 

Per fare una metafora, è come se l’umanità di trovasse in un’automobile in corsa con il tubo di scappamento che porta i gas di scarico direttamente nell’abitacolo, e mentre i passeggeri gridano all’autista di spegnere immediatamente i motori, lui si mettesse a discutere con altri autisti nelle stesse condizioni, su quando sarà realmente necessario fermarsi se fra 50, 100 o 200 km.  Credo che qualunque persona di buon senso, di fronte ad una scena come questa, si fermerebbe a guardare attonito per pochi istanti per poi passare a soluzioni drastiche, prima di morire soffocato. 

Ebbene, la COP26 è esattamente il momento in cui i passeggeri di questa piccola ed unica navicella spaziale, che chiamiamo Terra, cercano di capire se l’autista è completamente pazzo o se intende fermarsi sulla corsia d’emergenza e spegnere immediatamente i motori! 

Se infatti economie emergenti come India e Brasile decideranno, come sembra, di aumentare le loro emissioni per scalare posizioni sui mercati globali, ed economie forti come USA e Cina non cesseranno immediatamente di appesantire l’atmosfera terrestre con emissioni record, è ormai scientificamente dimostrato che perderemo ogni possibilità di uscire dalla crisi climatica e di restituire ai nostri figli un futuro di pace e di speranza.

Alla COP26 i governi stanno negoziando in modo deludente un tema di importanza cruciale per tutti noi, ma forse non si rendono conto abbastanza di quanto su quel tavolo sia oggi in gioco la loro stessa credibilità e quindi il loro stesso diritto di governarci.  

Come ci ricorda il Cardinale Turkson, a dispetto delle alchimie politiche, i veri temi che la storia impone oggi all’umanità sono fondamentalmente tre:

1. Ridurre drasticamente le emissioni entro il 2030 con l’obiettivo di azzerarle nel 2040; 
2. Mantenere la disattesa promessa di finanziare i paesi poveri, per consentirgli di affrontare lo sviluppo di cui hanno bisogno in modo sostenibile (e non secondo modelli inquinanti come quelli che i paesi ricchi hanno adottato quando ancora inconsapevoli delle conseguenze);
3. Ripensare completamente i nostri modelli economici, superando la cultura dell’accumulo e dello scarto, responsabile oggi di una povertà sempre più estesa, di persone sempre più escluse, di una ricchezza sempre più concentrata e cieca (Oxfam ci informa che le 8 persone più ricche al mondo hanno la ricchezza equivalente dei 3,6 miliardi di cittadini più poveri). 

Al di là di ogni odioso disfattismo, è urgente che i governanti comprendano chiaramente che l’umanità non potrà restare ancora a lungo a guardare la loro negazione di queste assolute emergenze, diventate talmente evidenti da consentire ad una giovanissima ragazza come Greta Thunberg di gridare al mondo che il Re è Nudo e di non trovare una sola voce istituzionale capace di smentirla!