Estrazione di litio dai fondali marini, l’acidificazione delle acque, costruzione di isole artificiali, i nuovi materiali biodegradabili ma con potenziali effetti tossici alla pesca di creature semiabissali: sono fra i 15 elementi che, secondo un gruppo internazionale di esperti, rappresentano le minacce agli ecosistemi marini su cui concentrare le maggiori attenzioni entro pochi anni.
Il documento pubblicato suLLA RVISTA Nature Ecology & Evolution è il risultato del lavoro di 30 esperti di ambienti marini provenienti da 11 paesi e punta ad attirare l’attenzione di cittadini e soprattutto decisori politici la necessità di alzare il livello di attenzione su alcune problematiche finora poco noto al grande pubblico.
Molti dei problemi individuati sono legati allo sfruttamento delle risorse oceaniche, uno di questi è la possibile ricerca di litio – la cui domanda è guidata dalla necessità di batterie per i veicoli elettrici – in ambienti marini molto particolari e noti come ‘piscine salate’. Una sorta di isole sottomarine caratterizzate da caratteristiche chimiche molto peculiari, tra cui abbondanza di litio, e in cui esistono ecosistemi unici nel mondo.
Guidato dagli allevamenti di pesce è in crescita anche la necessità di mangime, a farne le spese avvertono i ricercatori potrebbero essere le specie non utilizzate all’alimentazione umana che si trovano tra 200 e 1.000 metri di profondità.
Lo studio evidenzia anche rischi dovuti al potenziale impatto negativo dei nuovi materiali biodegradabili che potrebbero addirittura rivelarsi più tossici alle specie marine rispetto alla plastica tradizionale: "I governi – afferma James Herbert-Read del Dipartimento di Zoologia dell'Università di Cambridge – stanno spingendo per l'uso di materiali biodegradabili, ma non sappiamo quale impatto potrebbero avere questi materiali sulla vita oceanica".