Il futuro dell’Europa secondo l’ultimo rapporto Onu sul clima

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Pubblicazione: 2 marzo 2022

Attesi impatti “irreversibili” sugli ecosistemi secondo l’ultimo rapporto Onu sul clima

Molte più morti da ondate di calore. Cambiamenti irreversibili negli ecosistemi europei. E ancora: calo della produzione di cibo complessiva del continente. Le città hotspot di rischi causati dagli estremi climatici. L’immagine dell’Europa che esce dal nuovo rapporto Onu sul clima pubblicato ieri è piuttosto malconcia.

Anche se non è il più colpito dei continenti, l’Europa è pur sempre una regione dove il climate change galoppa più rapido della media globale. E dove i suoi impatti si faranno sentire con una certa virulenza, anche se le nostre economie sono attrezzate per spingere sulle misure di adattamento. Il messaggio di allarme lanciato ieri dall’IPCC, il Panel intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, vale dunque anche per noi.

Vediamo nel dettaglio qual è l’impatto atteso del climate change in Europa nel report del Working Group II che costituisce la seconda sezione del 6° Assessment Report (AR6) e completa la prima parte del report IPCC, uscita lo scorso agosto.

Rapporto Onu sul clima, il caldo non risparmia l’Europa
Nei prossimi anni, l’Europa sembrerà sempre più spaccata in due. La metà meridionale sarà martellata dall’impatto del cambiamento climatico molto più dei paesi del nord. Dove anzi il riscaldamento globale porterà qualche vantaggio nel breve periodo. Ma questa immagine è destinata presto a cambiare, spiega il nuovo rapporto Onu sul clima. Anche a settentrione si farà sentire il climate change.

Secondo l’IPCC, i rischi maggiori per il nostro continente sono riconducibili a 4 grandi gruppi. Il primo cluster di minacce riguarda direttamente il caldo. Gli scienziati del clima ritengono con il massimo grado di affidabilità che il numero di morti per ondate di calore e di persone vulnerabili alle heat waves aumenterà di 2-3 volte con un riscaldamento globale di 3°C rispetto a uno scenario di 1,5 gradi. Le conseguenze si faranno sentire più rapidamente e con più intensità soprattutto nell’Europa meridionale e centro-occidentale.

Il numero di ore di comfort durante l’estate crollerà del 74% nell’Europa mediterranea se raggiungiamo i 3 gradi, cioè lo scenario verso cui ci stanno ancora portando le politiche attuali. E se pensiamo che il climate change possa rendere inabitabili solo posti come il deserto del Kuwait o la Death Valley, dovremmo pensarci meglio: anche in Europa del sud e dell’est, se continuiamo su questa traiettoria, “ci sono limiti al potenziale di adattamento delle persone”, scrivono gli autori del rapporto Onu sul clima. D’altronde, già prima di raggiungere i 2°C vedremo dei cambiamenti “irreversibili” nella composizione degli ecosistemi marini e terrestri del continente.

Agricoltura e acqua osservati speciali
Anche se inizialmente i raccolti nell’Europa del nord beneficeranno di temperature più miti, questi vantaggi non sono assolutamente in grado di compensare tutte le perdite che il settore agricolo patirà durante questo secolo nel resto del continente. I responsabili? Una combinazione di calore e siccità che dimezzerà alcuni raccolti, come il mais. E serviranno strategie di adattamento più elaborate visto che l’acqua per uso irriguo diventerà sempre più scarsa, soprattutto oltre i 3 gradi.

L’acqua sarà troppa e troppo poca allo stesso tempo. L’Europa mediterranea sarà ad alto rischio di scarsità idrica già a 1,5°C di riscaldamento globale, e passerà a rischio molto alto oltre i 3 gradi. In Portogallo, Spagna, Italia, Grecia più di 1/3 della popolazione dovrà fare i conti con la carenza cronica e strutturale di acqua già a 2 gradi. Sempre continuando sulla traiettoria di emissioni attuale, questi paesi saranno i primi a raggiungere in alcune aree i limiti “hard” dell’adattamento, cioè la soglia oltre la quale nessuna soluzione tecnologica o basata sulla natura può consentire la vita umana.  

Allo stesso tempo, aumenteranno e di molto i rischi da alluvioni e inondazioni, non solo nelle zone costiere. Allagamenti ed esondazioni potrebbero causare il doppio dei danni rispetto a oggi in uno scenario con 3°C di riscaldamento globale, spiega il nuovo rapporto Onu sul clima. Chi vive sulla costa, invece, patirà un aumento di 10 volte dei danni causati da allagamenti entro il 2100, ma forse anche prima e con più intensità se non si aumentano le misure di adattamento e mitigazione. I centri urbani saranno i più martoriati: le città sono degli “hotspot di rischi multipli”, spiega il report dell’IPCC sul cambiamento climatico. È qui che si sovrappongono e si sommano gli effetti di caldo estremo (fino a 2°C maggiore in città per l’effetto isola di calore), siccità e inondazioni.