Plastica in agricoltura, un matrimonio rischioso

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Pubblicazione: 13 dicembre 2021
Quando si parla di inquinamento da plastica, l’attenzione è dedicata quasi esclusivamente al mare, che è sottoposto a una pressione ormai insostenibile. Tuttavia, la terra coltivata è altrettanto inquinata dalla plastica e costituisce una minaccia alla nostra sicurezza alimentare.

Il Rapporto della FAO Assessment of agricultural plastics and their sustainability: a call for action mette inevidenza questo ulteriore aspetto dell’inquinamento da plastica a cui non si dedica sufficiente attenzione.

Produzione agroalimentare e uso di plastica
Non c’è settore della produzione agroalimentare che non faccia uso di plastica: agricoltura, allevamento, pesca, acquacoltura, silvicoltura. L’Asia è il principale utilizzatore di plastica nella produzione agricola, si stima che rappresenti quasi la metà dell’uso globale.

Senza alternative praticabili, la domanda è destinata ad aumentare. Secondo gli esperti del settore, la domanda globale di plastica per serre, pacciamatura (la copertura del suolo intorno alle piante con materiali che non fanno passare la luce e quindi impediscono la crescita delle piante infestanti) e insilati (una tecnica di conservazione del foraggio che viene ricoperto da un film plastico) aumenterà del 50%, da 6,1 milioni di tonnellate nel 2018 a 9,5 milioni di tonnellate nel 2030.

Il fatto che i dati disponibili non siano completi non significa che si debba abbassare la guardia e non fare niente. Come ha dichiarato Maria Helena Semedo, vice direttrice generale della FAO, «questo Rapporto è un appello risoluto a intraprendere un’azione coordinata e decisa per facilitare le buone pratiche di gestione e frenare l’uso disastroso della plastica in tutti i settori agricoli».

L’altra faccia della medaglia
La plastica in agricoltura ha molti impieghi importanti per la protezione delle colture e per aumentare le rese; i rivestimenti in plastica dei prodotti alimentari aiutano a preservarne più a lungo la freschezza e a migliorare la sicurezza alimentare, oltre a ridurre le perdite e gli sprechi e quindi le emissioni di gas serra.

Ma c’è un’altra faccia della medaglia che si presenta quando la plastica arriva a fine vita. La varietà dei polimeri e degli additivi miscelati nelle materie plastiche rende più difficile separare i diversi materiali per un corretto riciclo.

Le microplastiche, inoltre, rappresentano una parte di plastiche particolarmente nocive per la salute umana.

Fino al 2015 sono state prodotte circa 6,3 miliardi di tonnellate di plastica; di queste, quasi l’80% non è stato smaltito correttamente.

Quando la plastica si disintegra e si degrada il suo impatto non si ripercuote solo su singoli organismi, ma colpisce interi ecosistemi: è noto come la presenza della plastica stia soffocando gli ambienti marini, ma secondo gli esperti della FAO la sua presenza nei terreni agricoli è altrettanto forte.

I rischi per la salute
I ricercatori hanno ormai documentato che le microplastiche (ovvero plastiche di dimensioni inferiori a 5 mm) mettono a rischio la salute degli animali.

Fino a un certo punto si è ritenuto che il problema rimanesse circoscritto, senza pensare che la plastica sarebbe entrata nella catena alimentare. Studi recenti hanno rilevato tracce di particelle di microplastica nelle feci e nelle placente umane.

In assenza di alternative valide sarà impossibile eliminare la plastica. Lo stesso impiego della bioplastica è ancora circoscritto e in Paesi con economie fragili è ancora sconosciuto.

Il Rapporto della FAO ha identificato alcune possibili soluzioni basate sul modello 6R (rifiuto, riprogettazione, riduzione, riutilizzo, riciclo e ripristino) incoraggiando e sostenendo gli agricoltori nell’adozione di pratiche sostenibili.

Inoltre, raccomanda di sviluppare un codice di condotta volontario che riguardi tutti gli usi della plastica lungo le catene del valore agroalimentari e di portare avanti ulteriori ricerche sull’impatto di micro e nanoplastiche sulla salute.

Quello che è certo è che la FAO continuerà ad avere un approccio olistico nell’affrontare il problema della plastica in agricoltura abbracciando sicurezza alimentare, nutrizione, sicurezza alimentare, biodiversità e agricoltura sostenibile.