Price cap, la Ue resta bloccata: chi guadagna e chi ci perde

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Pubblicazione: 3 ottobre 2022
La Commissione Ue ha detto no al tetto al prezzo a tutto il mercato, mentre vuole metterlo solo sulla Russia. Scelta politica, ritorsione, che poco ha a che fare con l’economia, perché non riduce i prezzi delle bollette, visto che dalla Russia ormai non importiamo più nulla. Così, dopo un anno dalla prima proposta dell’Italia, nulla è cambiato. Aveva un senso allora, perché, per quanto difficile, il tentativo avrebbe avuto più possibilità di successo. Il prezzo va sempre accettato anche dai venditori, altrimenti si finisce in contenzioso, dove i compratori possono facilmente trovarsi a pagare penali dell’ordine di decine di miliardi di dollari. Chi impone il prezzo deve essere in condizione di forza, ma ora l’Europa è il compratore più debole mai visto al mondo.
Il “momento giusto” è ormai alle spalle 
Un anno fa i prezzi erano a 80 €/MWh e i venditori, anche loro sbalorditi da valori quattro volte superiori al normale, avrebbero potuto accettare un tetto a 80, addirittura a 100, ma oggi? Dopo che ha toccato i 346 euro il 26 agosto e mentre viaggia in questi giorni a 180-200? Allora potevamo fare leva su due principi da sempre condivisi nell'industria del gas. Il primo che il prezzo deve sempre riflettere il valore per i consumatori finali e questo, in condizione di guerra, non può essere misurato. Il secondo è che non è nell’interesse di chi vende che il compratore sia strozzato. Oggi, i venditori, nel caso, avrebbero troppi problemi a spiegare ai propri Stati perché accettino un tetto al prezzo, mettiamo a 100, o a 200, quando è stato oltre i 300, per di più imposto dall’Europa, il compratore che si vanta di dire che il gas non è sostenibile e che deve essere abbandonato.
Le contraddizioni del fronte europeo
La Commissione, invischiata nella regolazione, non vuole, non può abbandonare la fede nel dio mercato che, invece, contagiato dalla follia della guerra, non fa altro che esprimere quotazioni assurde. Paradossale che fra le ragioni per non mettere il tetto ci si aggrappi alla necessità di non alterare i flussi del gas, mentre esplodono per attentati le infrastrutture di trasporto sul nostro territorio, il Nord Stream, oppure mentre la Francia, inspiegabilmente, non vuole costruire gasdotti con la Spagna, dove abbonda la capacità di importazione di gas liquido. In realtà, la scelta è spiegabile, purtroppo: Parigi non vuole dipendere dalla Spagna per i suoi consumi di gas.
Commissione Ue in ritardo e fuori bersaglio
La Commissione, invece, apre allo sdoppiamento fra elettricità e prezzo del gas, correzione pesante che è una maniera elegante per dire, nella sostanza, che il mercato elettrico non funziona e che allora si possono fissare tariffe con intervento degli Stati per compensare le differenze fra i costi di produzione da gas e il tetto al prezzo elettrico. Lo stesso deve essere fatto per il gas, riconoscendo che occorre un intervento politico e, con un bagno di umiltà, chiedere aiuto, imporlo, a Olanda, Norvegia e Stati Uniti, nostri alleati in una guerra, non solo economica, da cui loro guadagnano molto e perdono poco.