Il carbon dioxide removal è inutile senza tagli reali e sostanziosi delle emissioni globali
Le tecnologie per la rimozione della CO2 non possono essere la soluzione alla crisi climatica: sono troppo acerbe, ci vuole troppo tempo prima di portarle alla scala necessaria, e sarebbero sostanzialmente inutili senza un taglio strutturale delle emissioni globali. Al massimo, possono essere una componente delle soluzioni per mantenere la neutralità climatica, ma nel lungo termine. Il volume di investimenti che oggi gravita attorno alla carbon dioxide removal (CDR) artificiale, quindi, dovrebbe essere reindirizzato verso soluzioni migliori.
La rimozione della CO2 come una macchina del tempo
Lo afferma David Ho, uno studioso che si occupa da diversi anni di valutazione dell’efficacia delle tecnologie per la rimozione della CO2, in un intervento su Nature. “Per capire perché, pensate alla CDR come a una macchina del tempo. Prendiamo ad esempio gli hub DAC [direct air capture] proposti negli Stati Uniti. Ogni impianto dovrebbe estrarre un milione di tonnellate di CO2 all’anno”, spiega Ho.
E supponiamo che sia lo standard per tutti gli impianti in funzione oggi nel mondo. Quale è il loro impatto reale, visto che nel 2022 a livello globale abbiamo emesso 40,5 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente (Gt CO2eq)? “A questo ritmo, per ogni anno di funzionamento al massimo delle sue potenzialità, ogni hub porterebbe l’atmosfera indietro nel tempo di quasi 13 minuti, ma nel tempo necessario per rimuovere quei 13 minuti di CO2, il mondo avrebbe immesso nell’atmosfera un altro anno intero di CO2”.
È solo questione di investire di più e scalare in fretta questa tecnologia, argomentano in molti. Ma è davvero così? No, risponde lo studioso. Perché solo con una profonda decarbonizzazione si può pensare di sfruttare in modo utile la rimozione della CO2. “Se riducessimo le emissioni a circa il 10% dei livelli attuali – 4 GtCO2eq all’anno – un impianto DAC in grado di rimuovere un milione di tonnellate sarebbe una macchina del tempo che ci riporterebbe indietro di poco più di 2 ore invece che di 13 minuti. A quel punto, sarebbero necessari 4.000 impianti per raggiungere lo zero netto in un dato anno, presumendo che siano completamente alimentati da energia rinnovabile”, continua Ho. Ovviamente, non è uno scenario plausibile prima di 20-30 anni.