Mille progetti «green» per far ripartire l’Europa e l’Italia

Mille progetti «green» per far ripartire l’Europa e l’Italia
Pubblicazione: 3 settembre 2020
Gigafactory per batterie elettriche, megaimpianti solari, cablature elettriche sottomarine, riqualificazione di edifici ad alta efficienza, fonderie ad idrogeno, battelli solari. Sono mille i progetti green subito cantierabili con impatti positivi in termini ambientali, sociali e occupazionali, raccolti nel report A Green Covid-19 Recovery and Resilience Plan for Europe , pubblicato dalla società di consulting EY per i decisori politici europei e ottenuto in anteprima dal Sole 24 Ore.

Lo scopo del documento è mostrare come nei piani nazionali per la ripresa sostenuti dai 750 miliardi del fondo NextGeneration EU possano essere inclusi progetti con impatto diretto economico, occupazionale e ambientale, soddisfando la clausola della Commissione europea di includere almeno un 30% di iniziative legate alla decarbonizzazione e adattamento ai cambiamenti climatici.

In vista del Recovery Fund
Il report è uno dei più importanti pubblicati sull’impiego del Recovery Fund da parte degli Stati membri, che entro il 15 ottobre dovranno inviare i piani nazionali a Bruxelles per essere approvati, e il primo che dimostra come in tanti Paesi esistano centinaia di progetti finanziabili, innovativi, scalabili che possono rendere il settore industriale europeo più moderno, resiliente e a basse emissioni.

«A Green Covid-19 Recovery and Resilience Plan for Europe mostra come con un investimento da 200 miliardi di euro di fondi pubblici e privati equamente distribuiti in tutti i paesi dell’Ue potrebbe tamponare nel breve termine l’emorragia occupazionale, generando più di 2 milioni di posti di lavoro – spiega Roberto Giacomelli, associate partner del team Climate Change and Sustainability Service di EY – compensando il 20% dei posti di lavoro persi con la crisi legata al Covid-19. Dal punto di vista del clima consisterebbe in un taglio delle emissioni di lungo termine di 2,3 gigatonnellate di CO2 equivalente, (quasi la metà delle emissioni dell’Ue, ndr) rendendo più resiliente e competitiva l’economia europea».
Un dato interessante che emerge dal report è che questo elenco rappresenta solo una frazione (circa il 10%) di tutti progetti green che sono in fase di sviluppo in Europa. Se tutti i progetti individuati da EY ricevessero fondi (per investimenti stimati pari a 1.000 miliardi di euro), permetterebbero di impiegare in attività produttive e sostenibili tutti i 12 milioni di lavoratori a tempo pieno che hanno perso il loro lavoro a causa del Covid-19 nonché creare opportunità per altri lavoratori, comportando per altro una netta svolta alla crisi climatica in corso e riducendo sostanzialmente l’intensità carbonica dell’industria dell’Ue.

I progetti italiani
L’Italia, che riceverà 209 miliardi dal fondo Next Generation EU, al momento non ha ancora annunciato la lista ufficiale di progetti che intende presentare. Nel cassetto ha disponibile una rosa di 530 iniziative fin qui raccolte e di cui poco si sa. Ma ancora il governo deve recepire le indicazioni del parlamento, dell’industria e della società civile. Prendendo spunto anche da report come questo. Nel nostro Paese i progetti individuati da EY sono complessivamente 95, di cui 29 nel settore energetico (sono 47 in Francia, 30 in Spagna), 15 nei trasporti, 13 di progetti di uso del suolo e agricoltura, 23 per l’industria e l’economia circolare, 16 nel settore delle costruzioni. Ammontano a 10,6 miliardi di euro di investimenti, il 5% del totale europeo.

Con questi progetti si potrebbero creare subito 120mila posti di lavoro – non pochi, anche se meno della metà del potenziale spagnolo o francese, contando per il 5% del totale europeo – e ridurre le emissioni (si tratta di stime) per circa 150mila tonnellate di CO2 equivalente. «Il settore energetico può essere il cuore della green economy e uno dei veicoli fondamentali per rilanciare il nostro Paese in una prospettiva di sviluppo sostenibile, concorrendo a creare nuova occupazione e nuove opportunità per le nostre imprese», commenta Carlo Tamburi, direttore Enel Italia – «come emerge dal report di EY, in Europa ci sono progetti sostenibili che hanno il potenziale per creare immediatamente valore sociale, ambientale ed economico».

Il ruolo delle Pmi
Le dimensioni dei progetti varia sostanzialmente, da qualche milione e a vari miliardi di euro, con un ruolo importante delle Pmi, che per vari intervistati è un importante segnale, dato che il rischio di questi piani è sempre quello di favorire la grande industria a discapito del dinamico tessuto delle piccole e medie imprese italiane. «La cosa che ci ha stupito – continua Roberto Giacomelli – è che nonostante l’arco temporale limitato dell’indagine, siamo stati in grado di raccogliere un numero elevatissimo di progetti, al punto che tanti sono stati lasciati fuori dalla lista. È emerso un tessuto dinamico, con tante idee innovative e tanti progetti di R&D avanzatissimi. Un tessuto che, se sostenuto economicamente, può portare l’Italia a essere leader nella green economy».
La lista completa dei progetti italiana sarà consegnata esclusivamente ai ministri di riferimento e a una rosa ristretta di stakeholder (dato il segreto commerciale su vari di questi progetti), ma il Sole 24 Ore ha potuto raccogliere materiale per una decina di esempi chiave e ricevere informazioni generali sulla lista completa. Svetta il settore energetico, che spazia dalle reti elettriche sottomarine per sviluppare gli impianti eolici offshore, alla gigafactory circolare per produrre e riciclare batterie agli ioni di litio a Teverola in provincia di Caserta (già in sviluppo avanzato), alla ricerca e sviluppo per sistemi innovativi di stoccaggio dell’idrogeno. Vari i progetti di innovazione per l’edilizia sostenibile e di economia circolare nell’industria, mobilità elettrica, idrogeno verde, informatizzazione nel settore delle costruzioni, piantumazione di alberi in città.
«Sono queste le filiere su cui il piano italiano di recovery dovrebbe fondarsi, accompagnando, come sottolineato nel report di EY, alla disponibilità di queste nuove risorse la sempre maggiore semplificazione dei procedimenti autorizzativi», continua Carlo Tamburi. «Il Recovery Fund rappresenta un’ulteriore spinta alla transizione energetica e per generare valore duraturo nel lungo termine all’intero Sistema Paese».

Per Gianni Girotto, presidente X Commissione permanente (industria, commercio, turismo) «stiamo oggi selezionando i progetti a maggior valore aggiunto, senza dimenticarci di finanziare la ricerca, essenziale per arrivare all’innovazione che serve. La disponibilità e l’impiego delle tecnologie innovative non potranno che stimolare l’intera filiera produttiva nazionale e creare nuove professionalità e posti di lavoro. Possiamo costruire un nuovo modello industriale del Paese».

La voce della politica
Dall’esecutivo tutto tace. I vari ministeri, contattati dal Sole 24 Ore, hanno ribadito il «no comment» a qualsiasi proposta esterna. «Questo rapporto è molto utile per dimostrare come rimettere in sella l’economia nel breve termine e avere effetti sistemici nel lungo termine, in quanto a sicurezza energetica e potenziamento del sistema produttivo», spiega Lorenzo Fioramonti, deputato del gruppo misto, ex ministro dell’Istruzione. «È importante però che il governo apra la discussione quanto prima e venga in parlamento e si confronti con le parti sociali».

Per Chiara Braga, responsabile ambiente del Pd, «il governo entro metà settembre presenterà delle linee guida sui progetti da finanziare con Next Generation EU, che saranno mandate al parlamento per una discussione che dovrebbe concludersi entro la fine di settembre, in parallelo alla nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-finanziaria. Ci potrebbe essere poi un momento di confronto con le parti economiche e sociali per valutare proposte come quelle del report».

Progetti per una nuova Europa: tipologia e dimensioni
Circa il 30% dei mille progetti europei elencati nel report di EY sono sviluppati da start up e Pmi, molti dei quali sono progetti innovativi, come soluzioni per la mobilità sostenibile, idrogeno verde, bonifica del territorio e materiali da costruzione a bassa emissione di carbonio. Oltre il 20% dei progetti individuati sono di piccola scala e richiedono investimenti fino a un massimo di 5 milioni di euro. Il sostegno all’innovazione serve per sostenere il mercato europeo di prodotti e servizi per la decarbonizzazione, che potrebbe ottenere così la leadership globale nei prossimi anni.

Nell’elenco dei mille svettano le energie rinnovabili: ben il 70% dei progetti individuati nel segmento energia. L’investimento aggregato richiesto ammonta a 75 miliardi di euro con investimenti in media per circa 200 milioni di euro. Sono inclusi dai piccoli progetti decentralizzati (micro-idroelettrico) a opere infrastrutturali su larga scala (generazione di energia rinnovabile o progetti di trasmissione di elettricità). Si tratta soprattutto di business sviluppabili da consorzi, dato l’elevato Capex, dove sono presenti sia grandi utilities che attori delle Pmi, spiegano da EY. Rilevanti gli investimenti nella trasmissione di elettricità (14%) con 54 progetti, per un totale di 18 miliardi e negli impianti produttivi, in particolar modo finalizzati alle smart grid e agli impianti offshore.

Il peso dei trasporti
Il settore industriale più importante per la riduzione delle emissioni di gas serra è invece quello dei trasporti, che pesa 1,49 gigatonnellate di CO2 equivalente (più della metà del complessivo di 2,3 gigatonnellate), con un potenziale occupazionale di oltre un milione di posti di lavoro e 87 miliardi di investimenti. Il cluster più numeroso è costituito dalle iniziative nel trasporto pubblico, con 94 progetti, che rappresentano il 77% del fabbisogno di investimenti per il settore dei trasporti. Nella lista sono elencati collegamenti o estensioni di tram e metropolitane, mezzi di trasporto di nuova generazione (bus elettrici in Slovacchia, treni a idrogeno in Francia, battelli elettrici in Croazia). La dimensione media degli investimenti è molto elevata (circa 717 milioni di euro).

La mobilità a basse emissioni di carbonio è seconda in termini di numero di progetti, per oltre il 17% di quelli presentati, ma richiede solo il 2% dei requisiti di investimento, poiché la maggior parte di questi progetti riguarda approcci innovativi alla mobilità sostenibile (stazioni di ricarica elettrica, multimodalità con le bici, ricerca e sviluppo per navi elettriche e persino un sistema di droni per ricaricare le auto rimaste in panne in Svezia).

Processi di decarbonizzazione
Nel comparto della decarbonizzazione dei processi industriali EY ha individuato 201 progetti per un fabbisogno totale di investimenti di 19,1 miliardi di euro. Circa il 36% sono legati all’economia circolare e un terzo si concentra sul miglioramento dei processi industriali.

L’elenco comprende anche 37 progetti (18% del totale) finalizzati alla produzione di idrogeno verde per scopi industriali, e 8 progetti di carbon capture usage and storage (in particolare nel settore cementizio), per un fabbisogno totale di investimenti vicino a 737 milioni di euro. È un segnale: per l’economia circolare c’è sempre più spazio di mercato e che con l’11% del totale dei progetti, l’Italia si posiziona come leader in questo segmento. Da notare l’elevata dimensione media degli investimenti: 166 milioni di euro, con 15 progetti presentati da grandi aziende da oltre i 100 milioni di euro.

Biodiversità e rimboschimento
Sono invece 85 i progetti nel settore dell’uso del suolo in Europa con un fabbisogno di investimenti aggregato di 5 miliardi di euro. Si tratta di progetti di agricoltura urbana, tutela della biodiversità, progetti di bonifica, imboschimento e rimboschimento. Per la piantumazione di nuovi alberi l’investimento medio richiesto è 211 milioni di euro, una media elevata dal maxi-progetto meneghino, ForestaMI, che da solo richiederà oltre 2 miliardi. I progetti di tecnologia agricola, biodiversità e capitale naturale rappresentano ciascuno più di un terzo dei progetti presentati ma solo il 21% del fabbisogno complessivo di investimenti di tutti i progetti del settore dell’uso del suolo identificati, rivelando la natura piccola e innovativa della maggior parte dei progetti che rientrano in queste categorie.

«Questo tipo di interventi sono fondamentali per la ripartenza delle città», spiega Piero Pelizzaro responsabile resilienza del Comune di Milano, «vanno ad ampliare le opportunità occupazionali, senza perdere di vista le criticità ambientali e climatiche. Riteniamo fondamentale sostenere in Italia queste tipologie di interventi tramite il Recovery Fund».

Infine nel settore degli edifici sostenibili i progetti raccolti sono soprattutto di dimensioni medio-piccole, con un totale investimenti di 13,3 miliardi di euro, interessando principalmente le riqualificazioni energetiche degli edifici esistenti, soprattutto sistemi di riscaldamento e raffrescamento, seguite poi da innovazioni nei sistemi di gestione degli edifici (68 milioni di euro in investimenti) e nuovi materiali (9 milioni di euro).